Vincent Spasaro

E’ nato a Roma nel 1972. Ha pubblicato il thriller-horror Assedio (prima con Mondadori, collana Segretissimo, nel 2011. Poi con Anordest nel 2014) e il dark fantasy Il demone sterminatore (Anordest 2013).

È stato tre volte di seguito finalista al Premio Urania e una al Solaria. Ha curato per anni la collana di letteratura weird Fantastico e Altri Orrori delle Edizioni Il Foglio.

Sito ufficiale: vincentspasaro.blogspot.it

 

 


In compagnia di Vincent Spasaro andiamo a scoprire i retroscena di Assedio, al momento la sua ultima pubblicazione con l’editore Anordest.

  1. Come è nato Assedio?

Prima di tutto, grazie, Christian, per questa intervista e per la tua bellissima recensione.

Assedio è nato parecchi anni fa in modo molto naturale. All’epoca partecipavo alle finali del Premio Urania ma sentivo che il mio modo di concepire il fantastico si rifiutava di rimanere costretto in un solo genere. Mi appassionavano autori come Shepard, Simmons, Evangelisti o Brussolo, tanto per fare qualche nome. Ero molto stanco, da lettore, di fantasy, fantascienza e horror canonici. Inoltre ero convinto che anche la cinematografia potesse in qualche maniera ibridare a un livello più avanzato la narrativa scritta: pensa a Pahlaniuhk. La trama, i personaggi, anche la commistione di generi hard boiled, science fiction, gotico, fantasy e horror: tutto è scaturito in maniera fluida. Mandai il libro alle case editrici e venni respinto senza appello. In quel periodo furono però pubblicati in Italia i romanzi di Miéville, Gaiman e altri. Che dire? Nemo propheta in patria. È la vita.

  1. Assedio uscì per la prima volta nel 2011, numero 1576 della collana Segretissimo (Mondadori). Come sei arrivato a questa pubblicazione? Per la seconda con l’editore Anordest il testo è rimasto invariato o ha subito delle modifiche?

In realtà, dopo averlo inviato per anni a decine di case editrici e aver ricevuto in minor numero risposte negative e nella stragrande maggioranza silenzi eloquenti, l’ho messo da parte, convinto che la mia proposta fosse deficitaria o non adatta ai palati dei lettori e degli editori italiani. Avevo però degli amici lettori che m’incitavano in tutti i modi a pubblicarlo. Uno di loro, il grande scrittore Maurizio Cometto, mi spinse a inviarlo per l’ennesima volta a Mondadori dove pareva vi fosse un nuovo direttore di collana molto interessato alla commistione fra generi e all’horror. Questo signore (signore non è una parola scelta a caso, Christian) era Sergio Altieri, mio idolo come autore e persona corretta e onesta come poche. Lo accolse con entusiasmo in Epix e, dopo la prematura chiusura di quella grande collana, volle trasferirlo a Segretissimo sfidando le ire dei puristi della spy story. La versione mondadoriana era però molto compressa, com’era giusto che fosse per adattarsi alla collana di spionaggio: si perdevano lo stile sceneggiato e veloce del testo così come il respiro della storia. Sulla nuova e definitiva versione ho avuto l’onore di lavorare con la grande editor Sabina Guidotti che, da maestra qual è, è intervenuta di cesello e non con l’ascia. Mi ha spinto ad approfondire alcune sezioni e a fluidificarne altre. Sono veramente orgogliosi del suo lavoro. Assedio, così come l’hai letto, è esattamente come lo desideravo.

  1. Nel libro ho colto la tematica lovecraftiana della follia autodistruttiva generata dal terrore per l’ignoto, dagli orrori che da esso provengono, a cui la mente umana è impreparata. Quanto di Lovecraft, o in generale della classica letteratura weird, ha ispirato questo romanzo?

Lovecraft per me è un mostro sacro. Sgozzo vergini a ogni luna piena davanti al suo altare. A parte gli scherzi, il terrore provocato dall’immensità, dall’inconoscibile e dal profondo mi derivano dalla sua lettura. Adoro tutto di lui: anche la produzione più onirica che fa da sfondo al corpus più famoso dei miti di Chtulu. Mi ha influenzato più in generale tutto ilweird dell’epoca d’oro: C.A. Smith, Howard e, indietro, Hodgson, e poi il fantastico cupo di Bierce, Poe eccetera.

In Assedio un’altra influenza di peso è rappresentata da alcune serie televisive inglesi degli anni settanta come Zaffiro e Acciaio che, comunque, hanno in certa letteratura profonde radici.

  1. Il Cieco è stato, per me, il personaggio più ambiguo e affascinante. Come nasce la sua figura? Pensi di riutilizzarlo in futuro?

La verità è che mi diverto a mettere i personaggi davanti a dei limiti. Non ricordo nemmeno come fosse venuto fuori questo tizio scuro come un corvaccio, alto e distaccato di fronte alla brutalità della guerra, accompagnato da… insomma, tu sai da cosa. Chi meglio di un cieco può vedere nel buio? Mi sono davvero divertito a ideare esseri ambigui come il Cieco e il Barone. Anche il rendere indistinti i contorni del personaggio fa parte del gioco. E, sì, il Cieco tornerà in campo perché il suo lavoro non è terminato. Prega di non capitare sulla sua strada.

  1. Il personaggio di Stefan Weiss subisce le conseguenza della camera 41. Si trova a dover fronteggiare quanto si cela in essa e nel proprio passato. Secondo te, il vero orrore sta più negli sconvolgenti misteri di un qualcosa a noi esterno o in quelli sepolti nell’animo umano?

L’animo umano può essere l’inferno, l’alieno, l’inconoscibile. In fondo noi abbiamo esperienza di ciò che i nostri occhi ci lasciano vedere: chi ci dice che non sia tutto un sogno? Per tornare alla fantascienza, mi sento profondamente ballardiano. Lo spazio interno a noi è profondo e inesplorato quanto quello fuori di noi. La differenza è che lassù i mostri devono ancora essere scoperti. Quaggiù no.

Ho trovato molto stimolante personificare il male, l’orrore della guerra. È chiaro che l’assedio di Sarajevo è ben altra cosa rispetto a una storia fantastica, e forse l’accostamento fra cecchini del giorno e demoni della notte potrebbe suonare stridente e irriguardoso. Invece io vedo in tutto questo la possibilità di denunciare una tragedia che mi colpì molto all’epoca senza dover scivolare nella retorica e nella lacrima facile. Ancora una volta si tratta di un incastro di storie e situazioni che rimandano ad altre storie e altri ambienti in un gioco di scatole cinesi. È così divertente non dare riferimenti certi al lettore, condurlo in zone selvagge e inesplorate. Magari lasciarlo lì e dirgli: ora cavatela da solo, pigrone!

  1. Pagina 92 si apre con questa frase: “Quella creatura aveva ammazzato Dio”. Possiamo considerarla come il punto di partenza da cui si è andato sviluppando il tuo secondo romanzo, Il Demone Sterminatore?

Ottima deduzione! Sì, credo di sì. Anche Il Demone è un incastro di storie e situazioni, anche se credo che il suo tema centrale sia la conoscenza, mentre in Assedio è forse la notte con le sue paure più bieche e inconfessabili. Più in generale penso di essermi permesso il mio particolare multiverso. Lo dico con umiltà: che Moorcock non se la prenda! Pur con stili e storie differenti, mi piacerebbe che si potesse pensare che i miei lavori siano parte di uno stesso sistema. In fondo L’Architetto è alieno e inconoscibile almeno quanto il Mangiateste, la Bestia Immonda che vaga… Ehm, mi stavo mettendo a parlare come Lluach. Ma dimmi, Christian, la tua redazione rispetta le Regole del Silenzio? 

  1. Puoi anticiparci qualcosa del tuo prossimo lavoro? Magari una data di uscita approssimativa?

Tengo la bocca cucita per scaramanzia: sai bene quanto sia mutevole il mondo editoriale nostrano.

Però, se ti sono piaciuti i primi due romanzi, sarai forse contento di sapere che ho da parte tante altre storie pronte ad allargare i confini del mio multiverso. Spero con i prossimi di stupirti ancora!

L’intervista si conclude qui. Grazie come sempre per la tua disponibilità e franchezza. Un “in bocca al lupo” per i tuoi lavori futuri, noi de Il Libro del Martedì saremo sempre lieti di leggerli. Alla prossima!

Non ho dimenticato le magnifiche parole che hai speso per Il demone sterminatore. Ti rinnovo quindi il mio ringraziamento per le tue recensioni e per l’intervista. Ai lettori di Assedio e de Il demone sterminatore: grazie per il vostro supporto e rimanete in campana!


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