Editore: Providence Press

Collana: The Silver Key

Data di pubblicazione: Aprile 2017

Pagine: 176

Formato: Copertina flessibile

Prezzo di copertina: 14,90 €

Ebook: /

 

 


Da un po’ di tempo a questa parte – e sottolineo per fortuna! – Robert E. Howard sta riemergendo dal dimenticatoio in cui era stato ingiustamente relegato dall’editoria italiana, merito dell’eroico slancio di editori medio-piccoli motivati dalla sana passione verso una narrativa di qualità estranea a frivole mode passeggere. Inaspettatamente da un paio d’anni anche la Mondadori, grazie al contributo dell’inesauribile Giuseppe Lippi, ha rispolverato le opere di Howard. Prima con due uscite nella collana per sole edicole Urania Horror (I figli della notte e I morti ricordano), che insieme compongono l’antologia The Horror Stories of Robert E. Howard (Del Rey, 2008), grazie alle quali siamo finalmente riusciti a leggere un Howard più weird che, pur preservando la dinamicità esplosiva che ne caratterizza lo stile, pesca dal baratro più oscuro della letteratura fantastica, strizzando l’occhio finanche ai Miti di Cthulhu. Sul finire dello scorso anno, sempre sotto la certosina cura di Giuseppe Lippi (a cui va il merito di aver riproposto anche Lovecraft – in un futuro prossimo toccherà a Clark Ashton Smith – in una rinnovata veste editoriale), la Mondadori pubblica l’Omnibus in copertina di serpente di Conan il barbaro, rivitalizzandone le gesta con una traduzione più accurata.

Oggi mi soffermo però su una coraggiosa quanto prestigiosa iniziativa da parte del neo editore Providence Press, il cui catalogo al momento consta di tre titoli: I dischi volanti sono una realtà, R. Holmes & Co. e Steve Harrison Detective del Macabro.

Proprio quest’ultimo sarà oggetto dell’articolo. Si tratta di una serie di storie incentrate sul detective Steve Harrison tramite cui Robert E. Howard dà nuovamente prova della sua versatilità creativa, spaziando stavolta nell’hard-boiled. Steve è il classico protagonista a cui lo scrittore di Cross Plains ci ha abituato: alto e muscoloso, che non va tanto per il sottile quando entra in azione, preferendo sbrigarsela da solo. Un’indomita fiera solitaria insomma, che per quanto possa apparire rude persegue comunque un codice morale ben definito e coerente con i propri principi.

In vita Robert E. Howard vede pubblicate solo quattro delle nove storie che compongono il ciclo di Steve Harrison. Le prime due appaiono per la prima volta nel 1934 (Fangs of Gold e The Tomb’s Secret) sul medesimo numero della rivista Strange Detective Stories dove il redattore, per evitare omonimie, apporta delle modifiche sia al nome del protagonista (che da Steve Harrison diventa Brock Rollins) che al titolo del racconto (mutato da Teeth of Doom a The Tomb’s Secret). Persino a Howard è stato chiesto di firmarsi con lo pseudonimo Patrick Ervin.

La terza storia del ciclo, Lord of the Dead, vede la luce su un’altra rivista, Super Detective Stories, a causa della chiusura improvvisa di Strange Detective Stories, su cui peraltro il mese prima era stato già annunciato un nuovo capitolo delle avventure di Harrison.
Dopo due anni, nel febbraio del 1936, Howard raggiunge la pubblicazione della quarta avventura del suo detective del macabro intitolata Graveyard Rats, stavolta per la rivista Thrilling Mistery.

Nei decenni successivi nessun’altra avventura di Steve Harrison ottiene uno stralcio di pubblicazione. E’ solo a metà degli anni Settanta che il personaggio torna alla ribalta, arricchendosi di capitoli inediti recuperati dagli appunti dell’autore, tra cui è emersa anche la sinossi di una trama mai sviluppata.

Il volume della Providence Press riunisce le prime quattro avventure di Harrison. Si inizia con Zanne d’oro, in cui il detective è sulle tracce di Woon Shang, un cinese che ha ucciso e derubato un consanguineo. La caccia all’uomo si svolge in un’infida palude brulicante di famelici rettili, fuorilegge di esotiche etnie e invasati praticanti di riti voodoo.

I nomi del Libro Nero vede Steve Harrison alle prese con il Signore dei Morti, il mongolo Erlic Khan, che si scopre essere inspiegabilmente vivo nonostante fu visto morire tempo prima. Non essendo riuscito a riunire tutte le società criminali orientali d’America sotto il proprio comando, Erlic intende vendicarsi su coloro che lo hanno ostacolato e ne annota i nomi sul suo Libro Nero. Nell’elenco figurano Steve Harrison e la sua compagna Joan la Tour, una bellissima donna dai tratti orientali. Si preannuncia quindi una faida all’ultimo sangue.

Il terzo racconto si intitola I ratti del cimitero, che reputo il migliore insieme a I nomi del Libro Nero. Steve Harrison viene ingaggiato dai fratelli Wilkinson per proteggerli da un assassino che intende farli fuori per accaparrarsi la loro fruttuosa eredità. Il giallo si consuma tra colpi di scena e l’inquietante presenza di famelici ratti che, grazie alla fervida penna dell’autore, sono protagonisti di scene raccapriccianti.

Conclude la raccolta Il segreto della tomba. Tre ricercatori vent’anni prima concepirono per conto del governatore cinese un’arma chimica devastante. Considerata letale per il genere umano, i tre ricercatori criptarono le istruzioni sotto forma di codice. Oggi però qualcuno si è messo sulle loro tracce deciso a riprodurre l’arma chimica a ogni costo. Siamo di fronte a un thriller le cui implicazioni coinvolgono la politica internazionale. Si nota un Howard più cervellotico e meno irruento, aspetto che comunque non mina la qualità della trama.

Seppure ambientate in epoca moderna, le storie di Harrison preservano quelle atmosfere esotiche ammantate da una fosca coltre di primitivo folklore tanto care all’autore. Non a caso i villains hanno nel sangue il retaggio di popoli lontani di cui perpetuano le barbare usanze.

Steve Harrison è figlio della propria epoca. Gli anni Venti e Trenta in America sono caratterizzati negativamente dalla Grande Depressione e dal Proibizionismo. Proprio le riviste pulp diventano una valvola di sfogo per gli autori – e di conseguenza anche per i lettori – con cui evadere dal quotidiano e impattare con una realtà “altra”, liberatoria, tramite l’evasione letteraria. In un clima così soffocante e disincantato la classica figura del detective erudito tutto rettitudine e razionalità, alla Sherlock Holmes per capirci, ‹‹si consuma con decisione nell’America del gangsterismo e del Crash del 1929››, dalle cui ceneri prende forma il rude quanto cinico investigatore hard-boiled, fedele a un codice personale non proprio esemplare. Un personaggio che si impone prepotentemente sul mercato editoriale dell’epoca.

I personaggi howardiani, essendo un riflesso delle ideologie del loro creatore, ‹‹sono soprattutto dei solitari, convinti rappresentanti di una visione del mondo fondata sull’azione contro ogni sterile (e comunque sempre potenzialmente traditrice) sottigliezza, su un peculiare senso dell’onore di ciò che è giusto, e su un sincero fatalismo per l’esito delle proprie azioni, quel momento in cui, come fa il nostro detective in queste avventure, si decide senza timore di affidare “i propri dubbi al diavolo”››.

Sono proprio queste le caratteristiche che differenziano Steve Harrison dai, seppur illustri, predecessori. Il primo detective dell’occulto è stato il dottor Martin Hesselius ideato da Joseph S. Le Fanu, a cui si è ispirato Bram Stoker per tratteggiare il celebre Abraham van Helsing. Successivamente spuntano i famigerati John Silence di Algernon Blackwood e il cacciatore di spettri Thomas Carnacki di William Hope Hodgson. Ma la fervida immaginazione e la vena sanguigna di Robert Howard plasmano un detective meno canonico, pregno di quella vitalità che nelle impari sfide della vita rende i personaggi howardiani dei Campioni Eterni.

Vi invito caldamente a fare la conoscenza di Steve Harrison e godervi l’ennesima creatura del vulcanico multiverso del bardo di Cross Plains.


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