Editore: Acheron Books

Data di pubblicazione: Luglio 2017

Pagine: 113

Formato: Copertina morbida

Prezzo di copertina: 10 €

Ebook: 3,20 €

 

 

 

 

 


Ho conosciuto Christian Sartirana sulle pagine dell’antologia Sotto un cielo rosso sangue (2016), edita Weird Book (recensita qui), con il racconto Gabbie. Successivamente ho avuto il piacere di rincontrarlo in La Gente della Marea (2016), un racconto lungo uscito per Nero Press e ambientato in una Sardegna impregnata di atmosfere lovecraftiane.

Quando questa estate la Acheron Books ha pubblicato la sua raccolta Ipnagogica sapevo di andare a colpo sicuro, e infatti l’acquisto si è rivelato azzeccato. Il volume, lungo poco più di cento pagine, comprende cinque brevi storie del soprannaturale. Ciascuna può essere definita una pasticca allucinogena che si manda giù in un attimo ma rilascia un effetto a dir poco disturbante che non si scrolla di dosso tanto presto. Più che orrore, queste storie trasudano weird. Il dosato scorrimento di sangue viene compensato dalle ipnotiche atmosfere che degradano verso l’indefinibile, il bizzarro, l’orrendo. All’inizio di ogni storia, per quanto la situazione sia ancora sul ciglio del baratro, si avverte subito una nota stonata nell’aria. Una dissonanza che induce a guardarsi intorno con apprensione, mentre la realtà circostante comincia a traballare insieme ai personaggi.

C’era qualcosa di alieno, nel suo cortile. Quasi stentava a riconoscerlo. Lo spazio fisico, per qualche strana ragione, sembrava deformato, la sessa linea dell’orizzonte appariva storta. […] Un’aria gelida spirava tra i rami degli alberi, producendo note contorte e facendo vibrare i rottami accatastati, le cui sagome adesso parevano tronchi deformi. Le loro ombre si allungavano sino al furgone, avviluppandolo come una ragnatela. Il suo sguardo si fermò lì, e si accorse che lo sportello posteriore era aperto”.

A quel punto, quando alla mente mancano i solidi appigli della ragione a cui aggrapparsi, nonostante si sforzi disperatamente di trovarli, la caduta nel baratro è inevitabile. Il protagonista viene sopraffatto dallo stravolgimento e, quasi fosse vittima di un acido, brancola nel non sense di un incubo a occhi aperti. Seppure con differenti gradi di tragicità, è questa la sorte che accomuna tutti i protagonisti di Ipnagogica.

In La manina, racconto di apertura, troviamo un ragazzo di nome Danny isolato e preso in giro da tutti per via della sua mano minuta e deforme, anomalia che per lui è diventata un’ossessione, tanto da convincersi ad amputarla. Ma l’estremo gesto anziché risolvere il problema ne rivela un altro ben più terribile. Un male alieno ha infettato il suo corpo in modo irreversibile, e l’ultimo stadio della degenerazione giunge inesorabile condannando la sua esistenza e quella di chi lo circonda. Attraverso un’azzeccata formula orrorifica, Sartirana erige uno specchio impietoso davanti al protagonista il quale, non avendo la forza di reagire, subisce tutto il peso delle proprie insicurezze che sfociano in una turba autodistruttiva.

Una collezione di cattiverie segue il nefasto decorso della vita di alcuni individui per mano dell’inquietante Anna, una persona apparentemente disturbata col feticcio per gli oggetti collegati a disgrazie altrui. Dai rapporti interpersonali fino alle più piccole e apparentemente innocue anomalie, l’autore dispensa una serie di indizi che accrescono l’angoscia in vista della svolta sciagurata che stanno imboccando le vite di ciascuno. Peccato per il finale, che a mio avviso recide il pathos raggiunto fino a quel punto.

Con La porta entra in campo il quadro maledetto, uno dei temi classici della letteratura del terrore. Infatti tra le cianfrusaglie da sgombrare in un’abitazione, teatro di una disgrazia, Enzo raccatta un dipinto raffigurante una strana porta. Come ogni soglia che si rispetti in queste storie, ciò che si cela dall’altro lato non promette niente di buono.

Le facce bianche è un concentrato di degrado sociale: prostituzione, fanatismo religioso e depravazione. Tutte convergono verso un’omertosa omologazione che ci rende ciechi di fronte allo scempio che ci circonda e ci tramuta in anonimi spettatori conformisti. Senza volto, senza identità e senza personalità. “Nessuna luce, ormai”.

La raccolta si chiude con una hit, La memoria della polvere. Filippo e Serena si sono trasferiti in una vecchia casa nella periferia rurale di Monferrato, cittadina natale di Sartirana. Il luogo appare fin troppo decadente e soporifero. La spiegazione risale a quarant’anni prima, quando un incidente in una fabbrica locale uccise gli operai rilasciando polveri nocive. Queste hanno contaminato l’aria intossicando non solo il corpo ma anche lo spirito. Come una maledizione aleggiano sul posto gettando chiunque vi sosti nello sconforto e nell’inquietudine. Filippo, testardo fino in fondo, è deciso a non farsi influenzare. Ma l’energia negativa di quell’area è intenzionata a riservargli un’esperienza che non dimenticherà più, se mai dovesse uscirne vivo.

Ipnagogica, come indica il termine stesso (un composto di ipno– e del greco agōgós, “che conduce”) in riferimento ad allucinazioni in cui i sensi non distinguono tra realtà e illusione, è un’esperienza di lettura meritevole. Come una droga, una volta assunta, introduce lettore e protagonisti in realtà alterate, dove sono proprio le turbe dell’animo e le fobie annesse ad alimentare le manifestazioni del terrore. Una spirale da incubo delineata con elegante destrezza da Sartirana, bravo nel porre in risalto atmosfere ammorbanti senza sottovalutare la profondità degli interpreti, i cui esiti vengono lasciati volutamente in sospeso come se, in virtù dei loro connotati surreali, tali esperienze non possano concludersi in una quadratura definita e definitiva.

In sostanza se cercate una lettura angosciante, venata di soprannaturale ma senza troppi spargimenti di sangue, per di più incentrata sul lato oscuro della nostra penisola, sapete dove rivolgervi.


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